MCI – Disturbo neurocognitivo lieve: quali cause, diagnosi e trattamento
Con l’avanzare dell’età è abbastanza comune iniziare a manifestare difficoltà di memoria o, in generale, sentirsi mentalmente meno attivi. Questa situazione è del tutto normale e non deve preoccupare. È necessario, però, distinguerla dal disturbo neurocognitivo lieve (mild cognitive impairment, MCI) che è un’entità patologica riconosciuta e classificata nell’ultima edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM V). L’MCI si pone a metà strada tra il normale processo di invecchiamento e la condizione di demenza franca: vediamone le cause, la diagnosi e infine il trattamento.
Secondo la definizione del DSM V, si può parlare di decadimento neurocognitivo lieve in presenza di un declino funzionale, rispetto al preesistente stato, in almeno uno dei seguenti sei domini cognitivi. Ecco quali:
- apprendimento e memoria;
- funzionamento sociale;
- linguaggio;
- funzione visuo-spaziale;
- attenzione;
- funzioni esecutive.
Questo deficit, inoltre, non deve essere di entità tale da interferire con le attività quotidiane del soggetto. Oltretutto deve verificarsi in presenza di altre condizioni, quali delirium o disordini psicologici. Si possono poi distinguere due principali tipi di MCI:
- Il primo è la forma amnestica, in cui è predominante il deficit di memoria.
- E poi la forma non amnestica, in cui la memoria è relativamente preservata. Quest’ultima è meno frequente e più difficile da diagnosticare.
La prevalenza calcolata, nella popolazione over 60, è compresa tra il 7 e il 25%. Questa variabilità è dovuta all’utilizzo di criteri diagnostici che non sono uguali per tutti.
Cause dell’MCI
Come avviene per la demenza, anche nel caso dell’MCI non si conoscono le cause specifiche e questo rende più difficile formulare una diagnosi ed impostare un trattamento. Esistono però dei fattori di rischio più importanti. Essi sono:
- età (rappresenta il principale fattore di rischio);
- sesso maschile;
- presenza di una specifica variante dell’allele dell’apolipoproteina E (ApoE4);
- storia familiare di MCI;
- fattori di rischio cardiovascolari (ipertensione, iperlipidemia, malattia coronarica, ictus, etc);
- malattie croniche concomitanti (malattie polmonari, depressione, diabete mellito, etc);
- sedentarietà;
- scarsa riserva cognitiva.
Sintomi e diagnosi
I principali sintomi potenzialmente associati a un decadimento neurocognitivo lieve comprendono:
- iniziali difficoltà nel ricordare avvenimenti recenti o nel trattenere nuove informazioni;
- difficoltà di concentrazione/facile distraibilità;
- difficoltà nel prendere decisioni, nel pianificare attività mediamente complesse, nel comprendere/seguire istruzioni;
- occasionali momenti di spaesamento mentre si è fuori casa;
- maggior tendenza ad avere reazioni impulsive;
- depressione o perdita di interesse nelle attività abituali;
- ansia e/o irritabilità;
- comparsa di disturbi del sonno (insonnia o aumento del bisogno di dormire).
La diagnosi è essenzialmente clinica e tipicamente viene fatta sulla base dei sintomi riferiti dalla persona in esame o da un suo familiare. Questi sono oggettivati da uno specialista attraverso dei test neurocognitivi. Inoltre, vengono abitualmente richiesti degli esami di laboratorio e strumentali (come esami del sangue, TC, RMN, PET-FDG, etc.) per escludere cause diverse, e potenzialmente reversibili, alla base dei sintomi riferiti.
Evoluzione
Il naturale decorso del disturbo neurocognitivo lieve è eterogeneo e può seguire tre principali percorsi. Vediamo quali:
- Questo tipo di evoluzione è più frequente in coloro che hanno una sintomatologia scarsa, assenza dell’ApoE4, assenza di coinvolgimento della memoria episodica, assenza di patologie mediche o psichiatriche concomitanti.
- Stabilità. Sono predittori di stabilità: migliori score ai test neuropsicologici, minore età alla diagnosi, assenza di ApoE4.
- Progressione a demenza. Soprattutto in coloro positivi per amiloide, proteina tau e ApoE4.
Trattamento
La prima misura da attuare nel trattamento dell’MCI è la correzione delle possibili cause reversibili e/o dei fattori di rischio, ad esempio: ipertensione, iperlipidemia, diabete, deficit vitaminici, disturbi del tono dell’umore, etc.
Esistono inoltre delle evidenze a favore degli effetti benefici della dieta Mediterranea sul rallentamento della progressione del deficit cognitivo. Allo stesso modo sembrano essere utili l’attività fisica e lo svolgimento di esercizi cognitivi stimolanti. Infatti giovano attività come le parole crociate, giochi con le carte, suonare uno strumento musicale o socializzare. Non hanno dimostrato una chiara utilità, invece, farmaci routinariamente somministrati nel trattamento della demenza franca (es. inibitori dell’acetilcolinesterasi).
Dott.ssa Giulia D’Alvano (Dottoressa in Medicina e Chirurgia)
Fonti
Angela M. Sanford. Mild Cognitive Impairment. Clin Geriatr Med (2017) http://dx.doi.org/10.1016/j.cger.2017.02.005.
Taha Qarni, Arash Salardini. A Multifactor Approach to Mild Cognitive Impairment. Semin Neurol 2019;39:179–187.
https://www.harmoniamentis.it/
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