Orientamento alla psicoterapia: l’indirizzo psicoanalitico
Sigmund Freud è il padre fondatore della psicoanalisi. Medico austriaco, dapprima si dedicò alla neurologia e successivamente iniziò a studiare il funzionamento delle malattie nervose che confluirono in Studi sull’isteria scritto con il collega Breuer. Da quel momento in poi Freud dedica la sua vita a cercare di capire ciò che muove e agita l’animo umano, formulando diverse teorie. Tra queste spiccano la teoria sull’inconscio e la teoria sessuale. Tuttavia l’orientamento sulla psicoterapia ad indirizzo psicoanalitico non si arrestarono alla morte di Freud ma proseguirono, diversificandosi con altri grandi autori come Jung, con cui Freud ebbe inizialmente un fortunato incontro e, in tempi più recenti Lacan. O ancora grandi contributi nella psicoanalisi infantile sono stati dati da Melanie Klein e Françoise Dolto.
Una stanza tutta per sé
Innanzitutto c’è da sfatare una falsa credenza: lo psicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico non utilizza il famoso lettino sul quale fa stendere il paziente, poiché tale metodologia viene utilizzata solo dagli psicoanalisti. Generalmente per questo approccio le sedute hanno la durata di 45/50 minuti, una o più volte a settimana; e si svolgono all’interno di un setting ossia la stanza dove il terapeuta accoglie il paziente. Paziente e terapeuta generalmente si accomodano su delle poltroncine o alla scrivania. Ma una volta varcata la soglia, cosa succede? Succede che se il paziente parla, il terapeuta ascolta. Ma anche in questo caso, l’immaginario collettivo vede il terapeuta come colui che ascolta in silenzio senza mai intervenire. Nella realtà questo non avviene: lo psicoterapeuta si inserisce nel discorso del paziente con interventi, osservazioni e domande. In questo modo fa del suo discorso, il loro discorso.
La psicoterapia infatti è un discorso comune che paziente e terapeuta costruiscono insieme. Tuttavia ci si potrebbe sentire obbligati a parlare per il semplice fatto di recarsi da uno psicoterapeuta. Ma possono capitare dei momenti di silenzio che servono al paziente, ma anche al terapeuta. Tutto è da accogliere e ascoltare, poiché anche il silenzio può parlare. Inoltre, il paziente si presenta tramite il suo sintomo come per esempio uno stato di ansia costante: il terapeuta interviene per alleggerire il paziente da questo elevato carico di ansia. In secondo luogo si cerca di potenziare abilità e capacità per avere più fiducia in sé stessi, affrontare i problemi quotidiani con maggiore elasticità, avere relazioni con gli altri più serene ecc.
Cosa si agita dentro di noi?
Fondamentale per la psicoterapia psicoanalitica è il concetto di inconscio. Semplificando si può dire che ad ogni azione umana manifesta (quella che concretamente si compie) ne corrisponde un’altra latente (nascosta, che indica il perché si fa un’azione) che ne detiene il senso. Il paziente non è cosciente di questo senso, ma è da portare alla luce assieme al terapeuta. Infatti uno dei cardini della terapia psicoanalitica è di permettere al paziente di accettare le proprie emozioni, i propri sentimenti, le proprie sensazioni, sebbene queste siano minacciose o fonti di angoscia, abbassando le difese. Le difese rappresentano il modo in cui la persona cerca di proteggersi da tutto ciò che sente e compie che genera dolore.
Per esempio: una donna/uomo si innamora sempre della stessa tipologia di partner, perché? Ecco, durante il percorso di psicoterapia si può capire il perché si mettono in atto gli stessi schemi relazionali. Ossia nelle varie relazioni che si instaurano ci sono degli elementi in comune, come se si tendesse a compiere sempre lo stesso genere di azioni. Questi modi di relazionarsi agli altri sono estendibili a tutte le relazioni che una persona ha: con i genitori, fratelli o sorelle, amici, fidanzati/e e anche con il proprio psicoterapeuta. Questo offre l’opportunità al terapeuta di vedere da vicino tale schema e di elaborarlo in seduta, mentre si manifesta. Il percorso di psicoterapia si articola in una narrazione della propria vita, e presta particolare attenzione a ciò che è avvenuto nell’infanzia.
Il racconto d’infanzia
Anche in questo caso il senso comune fa risalire tutto “alla madre”, in realtà l’ascolto del racconto dell’infanzia è funzionale a comprendere il presente. Cioè si cerca di capire in che modo le proprie esperienze passate influiscono sul presente, sulla vita di tutti i giorni. Infatti sarà capitato a tutti di pensare di fare una cosa nel medesimo modo dei propri genitori, per esempio: avere lo stesso modo di ridere del proprio padre.
Ci si potrebbe aspettare che il terapeuta ad orientamento psicoanalitico interpreti i sogni. Può capitare che un paziente sogni qualcosa che lo colpisca in particolare, ad esempio, sogna di aprire una scatola. Il significato di cosa rappresenta la scatola e perché questa viene aperta proviene dal paziente. È il paziente, insieme allo psicoterapeuta che lo guida, che vi attribuisce un senso, un significato.
La psicoterapia ad indirizzo psicoanalitico persegue gli stessi obiettivi degli altri tipi di orientamento: il benessere della persona, e l’elaborazione della propria sofferenza.
Dott.ssa Marina Dei, Psicologa
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