I disturbi del sonno come fattori di rischio della Demenza
Il sonno è un processo fisiologico caratterizzato da una riduzione della risposta a stimoli sensitivi esterni e, più in generale, una riduzione della consapevolezza dell’ambiente circostante, oltre che da un’attività neuronale specifica. Questo processo in apparenza tanto “naturale” è regolato da complesse interazioni tra geni, circuiti neuronali e ambiente esterno. È esperienza comune che la qualità e la quantità del sonno subiscono delle modifiche nel corso della vita. Nei bambini la durata del sonno è maggiore rispetto agli adulti. Essa tende poi a diminuire ulteriormente in
età anziana, quando alla ridotta quantità di sonno si aggiunge una scarsa qualità dello stesso, causata da frammentazione del sonno e brevi microrisvegli. Disturbi e alterazioni del sonno risultano particolarmente rilevanti nelle persone con demenza.
Il 60-70% di soggetti con deficit cognitivi o demenza presenta disturbi del sonno, i quali influiscono negativamente sulla prognosi. Tra essi, quelli riportati più frequentemente sono:
- insonnia;
- alterazione del ritmo sonno-veglia;
- disturbi respiratori del sonno;
- riduzione del sonno REM.
Meccanismi fisiopatologici
Negli ultimi 10 anni i disturbi del sonno nell’ambito delle sindromi dementigene sono stati anche studiati come potenziali fattori di rischio per lo sviluppo di queste patologie neurodegenerative.
Globalmente, la relazione tra alterazioni del sonno e demenza sembra avere una forma a U. Ciò significa che sia la carenza che l’eccesso di sonno si assocerebbero a decadimento cognitivo. I meccanismi attraverso cui il sonno può influenzare lo sviluppo e/o la prognosi della demenza restano, ad oggi, non noti. Tuttavia, le alterazioni del sonno sembrano associarsi a una maggiore deposizione di beta-amiloide e a un aumento di proteina tau nell’encefalo.
Inoltre, il sonno sembra influenzare il sistema glinfatico, scoperto recentemente. Il suo ruolo sarebbe quello di allontanare i “rifiuti” (sostanze di scarto) dal sistema nervoso centrale. L’attività del sistema glinfatico aumenta durante il sonno. Di conseguenza, la carenza di sonno ridurrebbe la rimozione di beta-amiloide operata da questo sistema, favorendone l’accumulo.
L’ipossia
Infine, l’ipossia (ovvero riduzione dell’ossigeno) potrebbe essere un ulteriore meccanismo attraverso cui i disturbi del sonno favoriscono l’insorgenza di demenza. In particolare, è il caso dei disturbi respiratori del sonno, come le apnee ostruttive (OSAS). L’OSAS si caratterizza per ripetuti brevi episodi (pochi secondi) di sospensione dell’attività respiratoria durante il sonno. Questo determinerebbe ipossia cerebrale, che in cronico aumenterebbe la deposizione di beta-amiloide e la fosforilazione della proteina tau.
Sonno e demenza: una relazione bidirezionale
L’associazione tra sonno e demenza è complessa e, probabilmente, bidirezionale. I cambiamenti cerebrali causati dalla demenza possono comportare disturbi del sonno e questi ultimi, a loro volta, possono contribuire allo sviluppo di demenza; inoltre la co-esistenza di disturbi del sonno e demenza potrebbe causare un declino cognitivo più rapido. Identificare e trattare i disturbi del sonno in persone con demenza può migliorare il corso della patologia e la qualità di vita sia del paziente che del caregiver. Inoltre, se il ruolo del sonno alterato come fattore di rischio della demenza fosse confermato, potrebbe diventare un ulteriore target (oltre a pressione arteriosa e fattori cardiovascolari, stress etc) su cui agire precocemente per prevenire l’insorgenza della malattia.
Dott.ssa in medicina e chirurgia
Giulia D’alvano
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